Buongiorno lettori in questo post vi parlerò del nuovissimo libro di Francesco Carofiglio, uscito ieri per Piemme, e della chiacchierata con l'autore che ho avuto occasione di fare insieme ad altri blogger.
Ammetto che sebbene ne avessi sentito parlare non avevo mai letto nulla di questo scrittore e questo mi ha concesso di essere catturata subito dallo stile di scrittura evocativo e coinvolgente. Il libro non è molto lungo, ma nonostante questo riesce a raccontare tutto e nella maniera migliore per il lettore, avrei solo voluto averne un pochino di più per restare immersa per un altro po' nella stanza creata da Carofiglio, ero davvero coinvolta.
Il libro viene raccontato dal punto di vista del "Maestro", un anzione signore che vive da solo che ha come unica compagnia Alessandra, la ragazza che ogni giorno gli porta il pranzo. Grazie ai suoi racconti e ricordi riusciamo a intravede un barlume di quella che è stata la sua vita e carriera di grande attore e di come quella percezione abbia cambiato tutta la sua vita.
Il libro è scritto quasi sempre al presente, stratagemma narrativo per sottolineare l'importanza del presente e la fissità del tempo, si vive solo il qui e ora, il passato esiste solo nei ricordi e nei ritagli di giornale.
Ho apprezzato molto lo stile di scrittura e il tema trattato, una delle parti che ho preferito è quando leggendo Amleto i protagonisti cercano di analizzare a fondo come interpretare al meglio Shakespeare senza far perdere di valore frasi che sono state ripetute innumerevoli volte. La passione per il teatro la si vede in ogni riga di questo libro, infatti è un evoluzione di una pièce teatrale scritta diversi anni fa che sarebbe dovuta andare in scena ma che poi è rimasta dentro il cassetto dello scrittore fino ad ora, risentendo di diverse esperienze di formazione e per questo modificandosi negli anni. Una curiosità sul libro è che l'autore ha cercato di narrare come se lo spettatore fosse in platea e tutto ciò che si svolge nella storia accada su un palcoscenico.
Un libro in cui malinconia e passione si intrecciano formando una storia dolce amara che accompagna il lettore fino alla calata del sipario.
Un libro in cui malinconia e passione si intrecciano formando una storia dolce amara che accompagna il lettore fino alla calata del sipario.
" Tutto il mondo in quella stanza. E quella stanza è tutto il mondo."
" È che alla fine dei conti, i sentimenti, così controversi, che animano i personaggi, i conflitti, il dolore, l'invidia, l'ironia, la rabbia, il desiderio cieco di vendetta... Ecco tutti quei sentimenti i rendono uguali."
Che cosa l'ha spinta ha scrivere che cosa succede nella vita degli attori dopo che cala il sipario?
Questa è una bella domanda perché il senso del libro è proprio questo, ero molto interessato a raccontare quella solitudine, quello spaesamento che si manifestano quando lo spettacolo finisce. la vita di grandi attori per costume è fatta di giornate che a volte si ripetono uguali, questo tipo di cadenza viene messa fortemente in crisi nel momento in cui si smette perché accade che non si riesca più a connettersi con il ritmo. Questo tipo di crisi può essere detonatore di tante cose, mi è piaciuto raccontare una storia che si trova in questo territorio di crisi
Quanto la sua esperienza personale nel mondo del teatro ha influito sul racconto?
Ha influito sicuramente perché per poter raccontare quello che accade sulla scena o la percezione di un autore quando è sulla scena credo che bisogna averla privata davvero. Ha influito anche il fatto di essere entrato in contatto con i "grandi vecchi" del teatro italiano.
A questo collego la mia prossima domanda, ha avuto anche lei un "Maestro"?
Questa è una domanda complessa, io non attribuisco agli incontri con questi attori di ruolo, pur essendo riconosciuti come tali dell'opinione pubblica, la mia idea di maestro è legata a un'esperienza privata che non riguarda quel mestiere, riguarda altre cose. Ho imparato, anche grazie al teatro, a rubare quello che mi piaceva o persino mi turbava alle persone che incontravo, è capitato anche in teatro ma non riconosco una persona individuale come tale.
Questo libro affronta le varie stagioni della vita, lei come si immagina a quell'età?
Sembrerà strano ma io mi immagino come un vecchio che ride, forse magari anche un po' rincoglionito però ilare. Mi piace pensare che quella stagione, quando verrà, non sarà una stagione di tristezza ma sarà una stagione in cui, certo accanto alla percezione del tempo che passa e del passato, ci sia uno sguardo sorridente a quello che è stato.
Cosa si sente di dire ai giovani che vorrebbero intraprendere questa carriere?
Gassman diceva che per fare gli attori e in generale il teatro bisogna avere le spalle molto larghe ed è una frase che condensa un concetto molto preciso, in particolare adesso che il teatro attraversa un momento di crisi, di identità del ruolo dell'attore io consiglio di essere come in tutte le cose, curiosi e di non accontentarsi. Di pensare al mestiere dell'attore come flessibile, può diventare anche altro, in questo modo si può stare un po' sopra le cose e vivere meglio quel tipo di vita e la vita stessa
Con il suo libro voleva che passasse un messaggio in particolare?
Io su questa faccenda sono categorico, non voglio mandare messaggi, voglio che chiunque legga a suo modo legga qualcosa di suo secondo la propria interpretazione.
Un ringraziamento speciale a Piemme che ha organizzato l'incontro e allo scrittore Francesco Carofiglio
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